domenica 22 gennaio 2012

Parco dei Castelli Romani: il Piano di Assetto motivi e contese di una storia infinita (terza puntata)


A questo punto il Parco si ritrova con un nuovo e più ampio confine e con un Piano di Assetto adottato. In attesa dell’iter per la sua definitiva approvazione da parte della Regione Lazio, le Norme di Salvaguardia si devono applicare al nuovo confine, quello che è stato chiamato perimetro “Ravaldini”.


Questo fatto ha allarmato alcuni Comuni e le lobbies dei costruttore i quali, evidentemente, nutrivano bellicosi propositi edificatori nelle nuove e pregiate aree inserite nel perimetro del Parco. Per contrastare le conseguenze della nuova e più ampia perimetrazione, gli interessi convergenti di comuni e costruttori hanno determinato una raffica di ricorsi, contro il Piano e la Perimetrazione,  presso il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio. La tesi da loro avanzata era fondamentalmente una – e a undici anni di distanza e decine di sentenze del TAR continua ad essere ostinatamente perseguita -: “le norme di salvaguardia si devono applicare sul vecchio confine di 9.500 ettari e non su quello cosiddetto Ravaldini di 15.000”.


La “madre di tutte le sentenze” è la n. 49 del 2000, su ricorso del Comune di Grottaferrata; sentenza del TAR che non lascia adito a dubbi. Essa afferma che “La L.R. 13 gennaio 1984 n. 2 fissa norme di salvaguardia che si applicano al Parco dei Castelli Romani sia per quanto riguarda le aree comprese nel perimetro provvisorio che per quelle inserite nel perimetro definitivo. Per effetto dei poteri attribuiti a Consorzio degli Enti Locali dalla legge istitutiva del Parco dei Castelli Romani… l’Ente gestore (o chi lo sostituisce legittimamente) può operare anche ampie integrazioni rispetto al perimetro definitivo del Parco stesso.”
Questa sentenza, come abbiamo accennato, non è stata l’unica favorevole al Parco e ai suoi confini. Diverse altre negli anni, anche su ricorsi di privati, hanno visto sempre ribadita la validità e legittimità degli atti del Parco. Si tratta di fatti certi e non di opinioni.

Arriviamo così ad ottobre dell’anno 2000, oltre due anni dopo l’adozione. Cosa accade di nuovo? Accade che il primo Consiglio direttivo del Parco dei Castelli Romani, con maggioranza di centro-sinistra, nella persona del suo Presidente, chiede espressamente alla Regione Lazio l’adeguamento del Piano di Assetto adottato alla legge quadro 29/97. La Regione autorizza l’Ente Parco ad attuare questo adeguamento. Dunque si ricomincia daccapo? Proprio daccapo no, visto che un Piano adottato già c’era; ma rientra in gioco la politica e sappiamo come siano dilatati i tempi della politica. Diciamo che si cincischia un po’ troppo. Elezioni, commissariamenti, nuovi enti gestori e dopo sette anni siamo ancora punto e a capo.

Nel 2007, con in carica un nuovo Consiglio direttivo e un nuovo direttore, la questione dell’adeguamento del PdA trova nuovo impulso. Si riannodano i fili e dopo due anni di lavoro, l’adeguamento del Piano di Assetto è adottato dal Consiglio direttivo del Parco con delibera n. 23 del 21 maggio 2009. Sembra che stavolta ci siamo ma, come sappiamo, il Piano a questo punto deve essere approvato dalla Regione per espletare la sua efficacia giuridica. Ancora una volta ciò non avviene e il Piano di Assetto del Parco giace ancora nei cassetti della Regione Lazio.
Questo è un fatto da sottolineare: è la politica regionale che ferma il Piano. Perché non viene accelerata la sua approvazione? (continua)

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