venerdì 17 febbraio 2012

La discussione sul Piano Urbanistico un’occasione di democrazia partecipata


Quasi sempre quando si parla di pianificazione urbanistica la questione su cui si incentra l’attenzione è: quanto si deve crescere? Dove si deve concentrare questa nuova crescita?
Non viene neanche considerata l’idea, la possibilità, che una crescita ulteriore possa non essere necessaria, possa non essere quello di cui ha bisogno Grottaferrata, no.  Crescita di abitanti, crescita di abitazioni, crescita di cubatura di servizio, crescita di consumo di territorio. La sottrazione di spazi fisici, ambientalmente integri, paesaggisticamente preziosi, produttivamente pregiati, sembra essere la regola, il prezzo da pagare per l’agognato sviluppo, parola taumaturgica della società contemporanea turbocapitalistica.

Il dibattito, le riflessioni non concernono il “se” è opportuno, giustificato, necessario crescere, ma “quanto” occorra farlo, tutt’alpiù “dove” farlo. La “crescita” è ineluttabile; non può non essere.
Perché? Perché quando si parla di Piano Regolatore, o Piano Urbanistico Generale Comunale come adesso si chiama, si parla innanzitutto di quanto e dove crescere? Perché l’edilizia rappresenta l’unica idea di sviluppo? Risposta: perché equivale a PIL pronto, guadagno immediato. Poco importa se è un guadagno per pochi - chi costruisce e chi vende case - l’importante è l’alto profitto che determina e in una società che è basata sulla crescita e sul denaro, quello che conta è il profitto; che altro? 

Proviamo a rappresentare un ragionamento. Quanto vale annualmente, dal punto di vista economico, l’attività edilizia a Grottaferrata?
Nel 2001 la popolazione residente risultava essere di 17.865 unità. Al primo gennaio 2011 questo numero è lievitato a 21.039, con un aumento decennale di 3.376 unità. Secondo gli standard urbanistici ad ogni abitante corrispondono 100 mc. Quindi moltiplicando per l’aumento decennale di abitanti abbiamo 337.600 mc corrispondenti a 112.533 mq. Considerando un valore medio di mercato per metro quadro delle abitazioni a Grottaferrata pari a 3.500 euro abbiamo un valore di 393.865.500 euro ogni dieci anni e dunque un valore annuo dell’attività economica edilizia di 39.386.550 euro. Circa 40 milioni di euro all’anno; questo è il valore economico annuale (indicativo) dell’attività edilizia a Grottaferrata. Niente male!
Questo è il vero motivo per il quale, quando si parla di pianificazione urbanistica si intende quanti metri cubi si costruiranno.

Prima osservazione. I prezzi delle case a Grottaferrata sono alti perché il mercato immobiliare non considera soltanto il puro costo di costruzione ma a questo aggiunge un surplus di valore economico determinato dal contesto nel quale l’abitazione insiste. Una casa situata in un posto bello, con un bel panorama, con molto verde intorno vale molto di più rispetto ad un’altra che invece non ha queste caratteristiche di contesto a parità di grandezza e qualità di costruito. In buona sostanza è la bellezza dei luoghi che dà valore alle case. È per questo che gli immobiliaristi nelle loro pubblicità decantano slogan tipo “villa immersa nel verde” perché quella condizione è un valore economico in più. Dunque è la “bellezza” che aumenta il valore economico del bene-casa.
Ma la bellezza è un valore di tutti, un bene comune, non è di esclusiva proprietà degli immobiliaristi. Solo che, nella realtà, è proprio e solo da questi che viene trasformato in soldi e incassato. Alla comunità dei cittadini cosa resta? Meno verde, meno bellezza, meno qualità della vita e maggiori costi determinati dalle spese comunali per portare servizi nelle nuove aree edificate.
Non solo, ma bisogna considerare che più si costruisce più diminuisce nel tempo la bellezza perché sempre più si ridurranno le aree belle per costruire case di quel livello.
Il territorio ha dei limiti fisici; una volta aggredite tutte le aree disponibili cosa resterà? Finirà anche il cosiddetto sviluppo dell’edilizia; si arriverà al default. 
Più passa il tempo - e mano a mano che si consuma territorio e bellezza - più il valore economico dell’edilizia dimunirà, perché nel frattempo il contesto sarà diventato meno pregiato, più brutto, più caotico. Ci si ritroverà con un territorio senza più anima, divenuto periferia urbana, dove la bellezza del paesaggio, vanto e caratteristica di quel territorio sarà solo un vago ricordo.
E allora? Non è forse il caso di rivedere questa logica dello sviluppo? Magari iniziando a parlare di progresso piuttosto? Negli “Scritti Corsari” Pasolini contrapponeva il concetto di “progresso, che è una nozione ideale (sociale e politica), a quello di sviluppo, che è un fatto pragmatico ed economico.” Sul piano di un pensiero “altro”, può essere utile declinare le scelte di gestione del territorio sul “progresso” inteso come “benessere sociale”, dove il fine non è l’aumento del PIL, ma il vivere meglio. Se dovessimo ispirarci ad un modello di gestione territoriale, quale sceglieremmo: Tor Bella Monaca o La Val d’Orcia? E considerando che Grottaferrata è vicina a Roma, subisce le spinte sviluppiste di coloro che vogliono trasformarla in un territorio di conquista, ha registrato un poderoso aumento di suolo urbanizzato e conseguentemente una forte dimunizione di qualità di vita della sua comunità, verso quale dei due modelli suddetti – consapevolmente o inconsapevolmente - ci stiamo avvicinando?
E allora è proprio così irragionevole auspicare uno stand by per avviare una riflessione con tutti i cittadini, gli esperti, le intelligenze, per ridefinire i valori, le priorità, l’identità di una intera comunità e del suo futuro? 
Forse è il caso di fermarsi un attimo a considerare diverse opzioni per il futuro di Grottaferrata e della comunità che ci vive. Il nuovo Piano Urbanistico potrebbe essere l’occasione per avviare un dibattito fondato sulla partecipazione diretta di associazioni, cittadini, rappresentati sociali. Si utilizzi anche il sito istituzionale del Comune, si creino spazi dove ognuno possa contribuire. Non serve un dibattito esoterico e autoreferenziato, tra addetti ai lavori. Serve una partecipazione di tutti, mettendo a frutto l’intelligenza collettiva diffusa nella nostra società.
Enrico Tullio Pizzicannella

1 commento:

  1. La discussione deve essere partecipata per forza, altrimenti la scelta politica rimane solo nelle elite che finora non hanno fatto il bene del territorio. Dai ragazzi, continuate su questa strada!

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