lunedì 6 febbraio 2012

MANCA LA POLITICA E SI CHIAMANO “LE GUARDIE”


È un po’ di tempo che, assistendo ai consigli comunali, pensiamo: “Mamma mia, peggio di così non può andare, abbiamo toccato il fondo”. Ci viene in mente questa amara considerazione perché siamo costretti ad assistere ad un teatrino che nulla ha a che fare con la politica: consiglieri di maggioranza che presentano emendamenti a documenti della stessa maggioranza e all’insaputa degli altri consiglieri della coalizione; interventi senza capo né coda, che spesso servono soltanto a cercare una visibilità effimera e anche un po’ ridicola; una opposizione quasi assente che non ha un progetto alternativo e si affida a sterili battibecchi. 


Su tutto, il Presidente del Consiglio. Ormai il sindaco dovrebbe prendere atto che il presidente Coromaldi è un problema per questo consiglio: secondo noi non riuscirebbe a gestire neanche una partita di dama, figuriamoci un consiglio comunale; dopo più di una anno e mezzo, dà l’impressione di non conoscere ancora il regolamento e di non possedere quel minimo di buonsenso che, forse, lo aiuterebbe a non provocare troppi danni. Coromaldi non ci sembra adatto al ruolo che ricopre e cerca di nascondere la sua insicurezza dietro un autoritarismo fuori luogo. Ma torniamo a noi. Lunedì 30 gennaio si è tenuto il Consiglio comunale e, purtroppo, siamo andati oltre ogni immaginazione. I fatti: come sappiamo, il sindaco Mori ha ritirato la delega all’urbanistica a Filippo Mevi il quale, contro questa decisione, è ricorso al TAR; il Tar ha dato ragione a Mevi che è di nuovo assessore. Lunedì 30 gennaio, quindi, Filippo Mevi si presenta in consiglio e si siede tra gli altri assessori. Secondo il presidente del consiglio, forte di un parere del legale del comune, non è sufficiente la sentenza del TAR per reintegrare Mevi tra gli assessori. A quel punto comincia il teatro:  il presidente, rivolto a Mevi: ”Filippo, non puoi stare qui”, Mevi di rimando: ”Non mi chiami Filippo, mi chiami assessore”, il presidente: “Assessore, lei non può stare qui”, Mevi: ”se mi chiama assessore, vuol dire che posso stare qui”… E avanti così per almeno mezzora, tra sospensioni del consiglio, rumoreggiare del pubblico, battute sarcastiche e la polizia municipale che aveva un bel da fare per mantenere un po’ di ordine. Tra tutto questo, ecco il colpo di genio: il presidente del consiglio, di sua iniziativa o imbeccato da qualcuno, invita la polizia municipale ad allontanare Filippo Mevi; scoppia il pandemonio e mentre “i vigili” si avvicinano ai banchi degli assessori il pubblico grida, rivolto alla maggioranza, “buffoni”, “vergogna”, “andate a casa”: uno spettacolo mai visto in un consiglio comunale di Grottaferrata. Passa un’altra mezzora, tra urla del pubblico, Mevi che rimane seduto al suo posto, Coromaldi che invita ripetutamente e pervicacemente la polizia municipale ad allontanare “l’intruso”. In tutto questo, l’unico a rimanere in silenzio, nascosto dietro un paio di occhiali neri, anzi nerissimi, il sindaco Gabriele Mori. Finalmente si arriva ad un compromesso e Mevi se ne va. È doveroso dire che se tutto è finito in modo abbastanza sereno, si deve al buonsenso e alla professionalità della polizia municipale e del maresciallo dei carabinieri: loro, e soltanto loro, si sono adoperati affinché la vicenda non degenerasse; non vogliamo pensare, infatti, a cosa sarebbe successo se Filippo Mevi fosse stato allontanato con la forza dalla polizia municipale. Fin qui i fatti. Passiamo a qualche considerazione di carattere politico. Abbiamo letto da più parti giudizi sul comportamento di Filippo Mevi, tipo: “Non doveva rivolgersi al TAR”, “Non bisogna mischiare la politica con la giustizia”, “Ha fatto bene a fare ricorso”, eccetera. Noi ci vorremmo soffermare sulle cause, tutte politiche, che hanno portato a quanto vi abbiamo descritto. Dopo la vittoria elettorale, il sindaco Mori ha composto la giunta usando criteri che si stanno rivelando sbagliati. Intanto, quel primo atto sembrò più una resa dei conti all’interno del PD che una scelta politico-amministrativa: furono premiati gli “amici” e puniti “i nemici” e, cosa più grave, si affidarono incarichi a persone che non avevano la preparazione per far fronte ai pesanti impegni loro affidati. All’epoca noi sospendemmo il giudizio, aspettando di verificare il comportamento dei vari assessori; con il passare del tempo ci rendemmo conto, e lo dicemmo, che Mevi non era adatto a seguire l’urbanistica; riguardo al presidente del consiglio ci siamo espressi poco sopra e non era difficile prevedere come sarebbe andata, vista la pessima prova che Coromaldi diede come assessore della giunta Viticchiè. Il discorso sugli altri assessori, nel bene e nel male, lo affronteremo un’altra volta. Dunque, dopo appena un anno, Mori si trovava nei guai: ricordiamo il consigliere Tomboletti che lamentava scarsa condivisione (a proposito Mauro, che fine hanno fatto le tue sacrosante richieste di partecipazione? Ora è tutto a posto?); ricordiamo Bertuzzi e Ferretti che spesso percorrevano “sentieri” non coerenti con il cammino della maggioranza; ricordiamo l’impossibilità di tenere un importante consiglio comunale per la contemporanea assenza dei tre consiglieri citati; ricordiamo i malumori che cominciavano a manifestare altri consiglieri della maggioranza, stanchi di essere esposti a brutte figure in consiglio comunale a causa dell’assenza di un progetto politico chiaro e condiviso; ricordiamo la guerra, senza esclusione di colpi, tra Tomboletti e Mevi all’interno dell’Italia dei Valori. C’era aria di crisi. Allora Mori che fa? Tra Tomboletti e Mevi, sceglie Tomboletti che gli assicura un voto in consiglio; caccia Mevi e si tiene la delega all’urbanistica; rimane libero un posto di assessore e pensa di usarlo per “fare pace” con Bertuzzi, nominando assessore Moretti. Ecco, tutto sembra quadrare. Arriva poi la sentenza del TAR e ricominciamo da capo.
Ci siamo dilungati troppo, vogliamo finire con alcune domande: sindaco Mori, perché persevera nell’errore tentando di risolvere i  problemi politici distribuendo incarichi? In tutto questo, che ruolo hanno i partiti della coalizione? E la Politica che fine ha fatto? I consiglieri di maggioranza non sono stanchi di mettere la loro faccia in situazioni così poco dignitose? È vero, sindaco, che ricorrerà al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR favorevole a Mevi? E se così fosse, perché dalle casse del comune, quindi dalle tasche dei cittadini, devono “uscire” tanti soldi per riparare suoi errori politici? Sindaco, il ricorso al Consiglio di Stato, perché non lo paga lei?
Luigi Fortini

2 commenti:

  1. Caro Gigi,
    purtroppo questa è la politica " grottaferratana". Avendo chiamato un sindaco da fuoir pensavamo di aver risolto i nostri problemi, ma essi si presentano sempre alllo stesso modo. Dovremmo sperare nel ricambio dei soggetti che fanno pilitica, ma senza partecipazione come faremo a far emergere altri soggetti? Intanto che il piccolo segno tracci la strada.

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  2. a Grottaferrata ci sono due problemi: uno è il sindaco un democristiano doc che fa tutto dentro ad una stanza alleandosi con questo o con quello come gli conviene (a Tombolè quannu te svei? o forse si troppo sveiu?)
    l'altro problema è il PD o meglio il PDC, partito democratico cristiano. Dire che è un partito moderato è fargli un complimento. E' un partito imbarazzante. Della scialberia democristiana se ne sono accorti cinque suoi consiglieri comunali, che non sono certo bolscevichi, ma magari se rotti di farsi prendere per i fondelli da Mori. Un consiglio a questi cinque. Non correte dietro a Mori. Fate quello che dovete fa. Se avete idee, proposte, progetti imponetele a Mori sennò mandatelo via che certo non se ne sentirà la mancanza.

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