Nel
suo articolo su Il Segno di Grottaferrata, Angelo Gregori ragiona sul Partito
Democratico. Utilizza un'immagine per auspicare la forza della democrazia che
un partito come il PD dovrebbe rappresentare: il moto ondoso del mare come
energia di vita, trasparenza e pulizia; un’immagine suggestiva, propriamente
onirica. Nello specifico attuale del Partito Democratico, niente di più lontano
da questa visione-auspicio. Al contrario, sembra proprio che il PD somigli a un
bastimento in balìa di questo moto ondoso; sbattuto di qua e di la, senza idea
sul dove andare, senza rotta sulla quale impegnare il suo equipaggio.
Tentare
di individuarne il progetto politico, o
anche più modestamente decifrarne le posizioni, è faccenda assai ardua, da
Mission impossible. Come mai tanta difficoltà? Perché al fondo domina un
paradosso: il PD non ha alcuna
posizione perché tutte le contiene. È
un contenitore di tuttità.
Nel
“veltroniano superiore”, era di moda usare, durante le allocuzioni, il “ma
anche”: siamo per questo, ma anche
per quest’altro; siamo rossi, ma anche
bianchi; siamo per andare, ma anche
per restare; e via “maancheando”.
Da
questo peccato originale il PD non si è mai affrancato; resta intrappolato nella
sua ragnatela/labirinto.
Indubbiamente
i problemi della società contemporanea sono molto complessi e dunque le
proposte di soluzione impongono attenzione a tutti gli interessi legittimi, ma
alla fine si deve decidere ed assumere una posizione, definita,
incontrovertibile. È evidente che ogni definizione crea un campo di
appartenenza, un di qua e un di la, ma questo è il gioco che si deve avere il
coraggio di giocare in una società democratica. Ci sono posizioni diverse, si
confrontano, qualcuna vince (perché convince), qualcuna perde. Democrazia non
significa “aver paura di assumere posizioni perché sennò perdo le elezioni”,
ovvero “prendere tutte le posizioni così allargo il mio bacino di consenso”.
No, non funziona così. Questa è la tuttocrazia dell’impaludamento.
Ma
è pur vero che le posizioni per essere prese devono basarsi su convinzioni, valori,
idealità. Il Partito Democratico che convinzioni ha, che valori esprime, a quali
ideali si ispira? È un partito di sinistra? È un partito di centro? Qualcuno
potrebbe essere irrimediabilmente tentato dal rispondere: “è di sinistra, ma anche di centro”. Aiuto! Non se ne
esce.
Basta
con questa storia che un partito per essere democratico deve poter dare voce a
differenti posizioni. No non è così. Dare voce sì, ma non per restarne
assordato. Un partito deve avere un dibattito interno serrato, ma poi deve
scegliere una posizione, difenderla e soprattutto diffonderla.
L’impressione
è che sia un partito che tendenzialmente non assume posizioni a meno che non vi
sia costretto. Prendiamo la questione della TAV di questi giorni. Fino a
qualche settimana fa non si riusciva a capire che idea ne avesse (diciamo che
era d’accordo ma se lo teneva per se), poi è stato letteralmente costretto dai
fatti – protesta del movimento NO TAV ed esplicita posizione del governo – a
posizionarsi pubblicamente per il si alla TAV. Varrebbe la pena soffermarsi su
questa questione, emblematica per più ragioni, ma per adesso ci fermiamo qui.
Stessa
cosa per l’acquisto dei 131 cacciabombardieri F35 per 15 miliardi di euro: che
posizione ha il PD. È d’accordo? No? Per non parlare dei grandi temi
dell’economia. Art. 18 si o no? Viene prima l’uomo e il lavoro o il mercato e
il profitto? Non parliamo poi del consumo di suolo perché qui il PD qualche
scelta chiara (e disgraziata) l’ha già fatta, vedi Roma rutelliana e
veltroniana, la Liguria e l’Emilia-Romagna.
Se
poi tiriamo fuori le questioni bio-etiche, i Pacs, e tutto ciò che si misura
con la Chiesa “unasantacattolicaeapostolica” allora stiamo proprio freschi.
Idee
poche e ben confuse, forte personalismo, arroganza nella vita interna,
esoterismo in quella esterna, più tessere che dibattito.
Il
piano nazionale, quello regionale e quello locale si somigliano. Schierati con
questo o quel signorotto, la politica del PD è spacchettata e consacrata al
“controllo” per la gestione del potere.
Nella
Regione Lazio il PD è all’opposizione. C’è una battaglia su un qualche tema?
Eppure non mancherebbero le occasioni per tracciare linee di sostanziali
differenze con le politiche di un’amministrazione regionale buia come nessuna
mai, a meno di un’aderenza non dichiarata ma fattuale.
A
livello comunale? Ci possiamo/dobbiamo accontentare di una proposta di linee
guida di un PUGC partorita tra poche persone dentro le stanze comunali, senza
neanche l’ombra di quella partecipazione democratica che dovrebbe essere il
minimo sindacale per un partito “democratico”? O ci dobbiamo accontentare della
fiera del libro?
Quello
che alla fine si percepisce è che il Pd si manifesta come un partito
sostanzialmente moderato, tutto schiacciato in una logica neo-liberista,
incapace di misurarsi con i problemi, di intravedere scenari, di ipotizzare
soluzioni.
La
democrazia di un partito come la vede Gregori, potente ed energica come un moto
ondoso, è necessaria e auspicabile come il pane, ma ci vorrebbero fornai e
marinai all’altezza.
Enrico Tullio Pizzicannella
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