Parto dall’aspetto più significativo. L’arrembaggio al tesseramento selvaggio che ha contraddistinto la fase precongressuale e quella congressuale sarebbe degna di un intervento netto e forte da parte di organismi di controllo eventualmente esistenti. In mancanza di questi sarebbe almeno auspicabile una sana indignazione da parte degli iscritti (quelli veri, non quelli che si sono fatti pagare le tessere e che spariranno fino alla prossima conta). I responsabili di questo degrado morale e politico sono noti e non albergano soltanto in qualche studio tecnico. Un partito che si accinge a vivere uno dei rari momenti di confronto democratico con il dato falso di una platea di “mercenari” è, quanto meno, degno di essere sepolto come un corpo in avanzato stato di decomposizione. Tuttavia non mi risulta che vi siano state reazioni con conseguenze di un qualche peso.
Il
secondo aspetto è la temporanea e fragile tregua tra due contendenti
i cui profili sono talmente diversi, eppur simili, da gettare una
sinistra luce sul futuro prossimo del partito di riferimento per
molti progressisti. La tregua siglata non risponde a parametri
politici, occorrerebbe un poderoso sforzo di fantasia per percepire
posizioni politiche diverse e diversificanti tra gli schieramenti
dell’uno e dell’altro, temporaneamente unitisi in nome della
gestione di un potere futuro già spartito a tavolino prima del
pronunciamento dell’elettorato.
Quanto
c’è in tutto questo che possa animare un minimo barlume di
ottimismo? Niente. Forse possiamo notare che la rimozione del
segretario uscente, figura assolutamente mancante di spessore, ha
costituito un elemento di novità, ma l’evento viene negato nella
sua positività dal fatto che il nuovo responsabile di circolo è una
specie di creatura nata in laboratorio, senza storia e senza
riferimenti, escludendo le eventuali consonanze familiari o
lavorative con una cordata studiata a tavolino, autoreferenziale e
senza storia.
C’è
tuttavia da segnalare l’avvento di un terzo polo tutto interno al
circolo che non rappresenta in quanto tale una novità, nel senso che
gli animatori di questo polo sono pur sempre esponenti di spicco del
P.D. i quali, per storia e levatura morale, si sono sentiti in dovere
di testimoniare il loro dissenso rispetto ai giochi di potere in
atto. Tuttavia mi preme segnalare con molto dispiacere non solo che
il tentativo, pur se meritorio, non ha riscosso il successo sperato e
che manca all’operazione in atto uno scatto di coraggio che
dovrebbe portare le menti più oneste a confrontarsi con delle
possibilità che prescindono dalla tanta sospirata unità del
partito. Qui si inserisce l’ottimismo della volontà, ma anche una
ricerca di chiarezza che è fondamentale. Se si vuole l’unità,
l’esito del congresso ha stabilito che non ci sono terzi poli, che
il gruppo di controllo e di potere rappresentato dai due antagonisti
temporaneamente alleati, ha avuto successo perché in pochi si sono
spinti oltre i mugugni. Forse bisognava lavorare non per una conta
interna al circolo (vizioso), ma per una lista ampia e forte, capace
di tessere rapporti e costruire ponti con le varie realtà esistenti,
anche se minoritarie.
Ci
troviamo in sostanza davanti ad uno scenario di questo tipo: gli
antagonisti di ieri, constata l’impossibilità (per il momento) del
prevalere dell’uno sull’altro, hanno segnato una tregua che tra
poco verrà superata sia dalla conta interna per l’elezione del
segretario nazionale, sia per l’imminente individuazione del
candidato sindaco a Grottaferrata.
Un
terzo polo si è creato attraverso degli incontri anche molto
partecipati presso la comunità di Capodarco. Questo terzo polo per
decollare non ha bisogno di cercare adepti all’interno del P.D., ma
fuori di esso attraverso una proposta politica dettata dalla saggezza
e dalla passione di molti degli aderenti.
Strada
perdente? Forse, tuttavia le valanghe cominciano sempre dai
sassolini.
Carlo Colognese
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