mercoledì 29 maggio 2013

Anteprima dal prossimo numero in uscita: UBI COMMODA, IBI INCOMMODA

“Ubi commoda, ibi incommoda”, è un’antica massima latina riguardante in senso lato il principio di responsabilità civile che, applicato alla politica, potremmo oggi tradurre così, come un monito: se sei un leader e ricopri una posizione di potere, ne rispondi sia che tutto vada bene, sia soprattutto se le cose si mettono male.

Chi guida ha una responsabilità oggettiva sui risultati della sua conduzione, che si tratti di comandare un esercito, allenare una squadra di football o fare il Sindaco di un Comune: elogi a grappoli se porta a casa risultati, ma se fallisce non sono ammesse scusanti, nè quelle ragionevoli nè quelle inverosimili e neppure quelle attribuite a qualche scarto della mala sorte.
Gabriele Mori ha fatto tre enormi errori:
1. non ha saputo ascoltare: non solo l’opinione pubblica espressa sui fogli dei giornali locali, ma nemmeno i suoi cittadini, che non sono gente di frontiera; questa è una zona della Provincia romana fra le più congestionate, ma anche fra le più evolute, sia sul piano culturale che economico; orgogliosi, i grottaferratesi possono sembrare distaccati ma non indifferenti a quanto accade sul territorio e nelle istituzioni locali; osservano a distanza, sono pazienti nell’attesa, ma poi immancabilmente giudicano il profilo dei propri amministratori, e difficilmente sbagliano: se è feeling con un Sindaco, durerà per tutto il tempo previsto, cinque anni e a dispetto di tutto…ma se è il suo contrario, sono guai!
Mori era stato probabilmente già da tempo “infilzato” dall’opinione popolare, infastidita da alcune sue “performance” pubbliche su Fiera, Zona Artigiana, PRG, Città del libro… tutti temi molto cari ai grottaferratesi, che hanno reagito con una prima dose di perplessità. I collaboratori più stretti avrebbero dovuto metterlo in guardia da certi atteggiamenti “eccessivi” con cui ha esordito e che hanno subito caratterizzato il suo stile di Sindaco, ma probabilmente non avrebbe ascoltato nemmeno loro, troppo preso da una sorta di furore da protagonista assoluto, troppo poco attento alle dinamiche relazionali, troppo sicuro di sé;

2. non ha saputo interpretare gli equilibri istituzionali: con la legge di riforma dei primi anni ’90 il Sindaco nei Comuni italiani ha enormemente aumentato i poteri di gestione e le sue funzioni di governo sono state ampliate, ma questo non significa che dispone di un potere assoluto. La democrazia comunale non si interrompe fra un mandato e l’altro, non è data una sola volta ogni cinque anni; al contrario, vive nelle attività del Consiglio Comunale, investito del compito di controllo democratico (l’opposizione da una parte) e condivisione degli obiettivi programmatici (la maggioranza dall’altra).
L’elezione diretta assicura al Sindaco un quoziente di maggioranza consiliare tale da consentire una certa continuità all’azione politico-amministrativa, ma questo patrimonio di fiducia iniziale non può essere inteso come una copertura assicurativa!

Il Sindaco deve in un certo senso “manutenere” il consenso dei suoi consiglieri e, quando necessita, “riconquistarlo” tutte le volte che rischia di venirgli meno, per le più svariate ragioni; se invece pretende una supina assistenza da parte della sua maggioranza, se non se ne cura, se pretende una fiducia incondizionata…allora corre dei rischi politici e va incontro inevitabilmente a conflitti, che sono a volte unicamente dovuti ad una scarsa capacità di comunicare, più che a profonde differenze politiche.

Sorprende che un politico sperimentato come Mori, già assessore al Comune di Roma e parlamentare, non abbia tenuto in conto queste elementari regole per navigare in mezzo ai piccoli flutti della politica locale; infine…

3. non ha saputo mediare: in democrazia il bravo politico, il vero leader è colui che sa all’occorrenza mediare, costruire ponti fra posizioni all’apparenza inconciliabili, consentire alla squadra che guida di ritrovare unità d’intenti e avanzare sui programmi definiti.
Se avesse saputo/voluto concepire una saggia mediazione, Mori avrebbe risolto in tre ore la crisi che ha portato Grottaferrata al commissariamento.
Personalmente avrei scommesso sulla revoca delle sue dimissioni…fino all’Assemblea degli iscritti del PD, dove la situazione si è mostrata, anche plasticamente, chiara: con un segretario dei Democratici sul tavolo degli accusati che arrancava a tenere l’Assemblea e il protagonista, il Sindaco, colui che da leader avrebbe dovuto impegnarsi fino allo stremo per ricomporre la sua maggioranza, seduto in mezzo al pubblico come uno spettatore qualsiasi, a vedere come andava a finire, estraniato, per lesa maestà, come Gregorio VII, in attesa di una impossibile “Canossa”.

Ora, dopo il fallimento di Mori, il centrosinistra di Grottaferrata si è dissolto e nel PD locale si vedono cumuli di rovine; forse il prossimo congresso potrà restituire una qualche prospettiva, ma non sarà facile! E poi c’è tempo, c’è sempre tempo perché, una volta rimosse le responsabilità primarie coinvolte in questo fallimento, si torni a sbagliare…

Angelo Gregori

1 commento:

  1. assolutamente d'accordo !E' anni che vado dicendo e scrivendo sullo scandalo del mai inaugurato parcheggio cimiteriale ,e della strada di accesso ma nessuna reazione , solo chiacchere e vaghe promesse.D.Martini

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